tramonto pre-partenza |
Non avrei voluto scrivere quest’articolo.
Avvertenza quest’articolo tratta della Diagonale des Fous, un Ultra Trail di 167 chilometri e 10mila metri di dislivello, e della mia esperienza personale in questa gara. Ma attenti! Se deciderete mai di andarla a fare, io non c’entro niente, io non vi ho detto niente, io scarico ogni responsabilità, saranno tutti affari vostri.
Innanzitutto il Grande Raid de la Reunion presenta delle indubbie difficoltà logistiche visto che l’isola si trova nell’emisfero australe in mezzo all’oceano indiano. Esattamente a 20 gradi di Latitudine sud. E per chi come me ha un limitato piano ferie, le difficoltà sono amplificate. L’ho gestita con 4 giorni e mezzo di ferie per un totale di sei notte così dormite, una in aereo (undici ore di volo da Parigi), una in hotel, tre sui sentieri e l’ultima, appena dopo l’arrivo, di nuovo in aereo verso Parigi.
L’altra difficoltà è rappresentata dai 2600 partecipanti e ve lo lascio immaginare raccontandovi la calca alla partenza. Ore 22 di Giovedì sera. Il mio amico Stefano di Courmayeur, alla sua terza Diagonale me lo aveva detto, non cadere, mantieni l’equilibrio e se ti perdi qualcosa lascialo li e non provare a raccoglierlo. Mah, cosa sarà mai, esagerato…e invece… 2600 concorrenti, al netto dei Top Runners, stipati ore prima su un piazzale da cui si accedeva alla linea di partenza tramite una stradina fiancheggiata da muretti. Alla partenza panico. Tutti spingono, tutti pressati e io, chiedo scusa, ma penso all’Heysel, sono questi i momenti in cui possono succedere tragedie. Riesco ad infilare la mano sotto l’ascella di Stefano, ben più piazzato di me, e vengo sollevato e fatto fluttuare!
Fuochi d’artificio strabilianti e folla oceanica a bordo strada rendono, anche per questo, la partenza unica e inimitabile. Al punto prestabilito vedo mio figlio Lorenzo e lo abbraccio. La tensione non scende e solo al chilometro 11, dico undici, mi rilasso e inizio a dare il cinque a mano aperta! Si c’era ancora la folla a bordo strada.
Perfetto percorso, tra l’altro disegnato con indicazione dei tempi tra i vari ristori (i.e. “cancelli orari”) sul pettorale. Io fraziono sempre il percorso mentalmente, pezzo pezzo, pochi km alla volta .
Paesaggi mozzafiato che riportavano alla mente il film Jurassic Park, verdi montagne con lussureggianti pendii a strapiombo, da cui saliremo e scenderemo un’infinità di volte!
Il venerdì mattina prima sosta tipo Base Vita, con il primo dei due borsoni accessibili allo stadio di Cilaos (che rappresenta anche l’ottavo cancello orario di ben 21), con mio figlio Lorenzo sugli spalti che mi da sollievo dopo la prima notte di giovedì (senza dormire), bellissima doccia, ma si ricomincia a sudare un minuto dopo, ristoro, cambio batterie alle due frontali e veloce ricarica del mio Sunto Ambito 3 Peak.
Il Venerdì scivola via fino alla notte, davvero durissima, con tanti concorrenti che dormono lungo il sentiero avvolti nelle loro coperte termiche, immagini atipiche per chi come me di solito corre tra le fredde montagne e non all’equatore! Pioggia improvvisa e poco dopo una frontale dopo l’altra mi segnalano batterie esaurite! Fallisco il cambio sotto la pioggia, ovvero mi trovo con ben due frontali (perché se anche una soltanto era obbligatoria, io come in montagna ne ho sempre due!) e ben due doppi set di batterie a zero!!! Ovvio tutto questo sotto la pioggia…ma la collaborazione tra runners funziona, mi passano delle batterie nuove e ben presto riprendo ad andare.
Sabato mattina la peggior coppia di salite della mia vita, una dopo l’altra! È qui che le mie scarpe The North Face Ultra Trail che già avevo usato all'UTMB, danno il massimo. La prima salita vertiginosa ci porta a Roche Plate, dove mi viene detto che la prossima sarà più dura. Mi stacco il porta pettorale e dico che mi fermo, beh erano due notti che non dormivo, ma nessuno mi prende in considerazione e non mi resta che affrontare la famigerata salita a Maido, mai fatta una cosa del genere sotto un sole di mezzogiorno caldo senza pietà, per chiarire sono quattro ore e mezza di salita dopo le oltre due ore della precedente, tutto sotto un sole equatoriale e senza aver chiuso occhio per due notti.
A Maido mi invento un pediluvio in una bacinella di fortuna e faccio un check piedi e gambe dai fisioterapisti dell’organizzazione durante il quale mi addormento per ben 15 lunghi minuti.
Riparto carico e ritemprato lungo una lunga discesa corribile verso la seconda base vita di Sans Soucis (sedicesimo cancello orario). Anche qui cambio totale grazie alla seconda borsa e seconda doccia rigenerante .
Da qui Lorenzo mi accompagna fino al fiume che guadiamo scarpe in mano per la gioia dei fotografi.
Ora era finita dovevo solo amministrare. Al primo ristoro di rilievo con brandine, mi concedo 1 ora sonno.
Al secondo ristoro accanto ai binari dello Chemin pediluvio (ancora rilevo zero vesciche nonostante i dolori in qualsiasi parte dei piedi).
A questo segue una insensata salita e discesa su un lastricato di km e km in salita prima e in discesa poi, cosi fatto male che non ho potuto non perdermi in tanta ammirazione per le strade lastricate dai Romani, ben altra cosa!
Da qui solo flash, le prime luci dell’alba della domenica, una salita ripida su sabbia da fare a quattro zampe, un ultimissimo ristoro a Colorado che quasi non mi fermo, aziono il booster (ipod con colonna sonora di tanti arrivi, 180 bpm) e mi lancio nel sentiero in discesa con tre ventenni francesi che venivano dalla corsa media (Trail de Bourbon, 120km) e dalla corsa corta (Trail de Mascareignes, 60km) e che scendevano non correndo ma come fossero campioni di Parkour. Mano su un albero piede su una parete rimbalzo su una roccia in basso e via andare. Galvanizzato calcolo che se pure mi rompo da qui al traguardo ci arrivo comunque, e provo a tenerli, ma è impossibile hanno una marcia in più e sigh hanno meno della metà dei miei anni…ma io alla loro età…diceva mio nonno!
Sul rettilineo finale che porta allo stadio di St Denis luogo d’arrivo, intravedo di nuovo il prode Lorenzo, tiro fuori il fischietto e inizio a far cagnara. Lollo si carica i due borsoni, già pronti per l’aeroporto, sulle spalle e con una mano riesce anche ad azionare la telecamera dello smartphone.
Si entra allo Stadio, curva dei 200 metri in piega inversa (in senso orario) rettilineo e traguardo con ancora una volta “Massimiliano - Marta - IIIIIItalia”!!!
Che soddisfazione!
Viaggio di ritorno con maglietta “Finisher” o meglio “J’ai survecu” riconoscibilissima sia all’Aeroporto di St Denis che fino a Parigi. Con complimenti raccolti da molti più passeggeri in transito che avrei mai potuto immaginare. Addirittura, un distinto signore francese a Parigi mi ha detto:
“lo so che sembra impossibile, nessuno ci crede mai quando lo racconto e non mi aspetto che lo faccia tu, ma io ho un amico che lo stesso anno ha corso e finito sia l’UTMB che la Diagonale des Fous”.
Non rispondo, sorrido, certo che é stata davvero una grande stagione!
Ecco la traccia della prima parte: http://www.movescount.com/it/moves/move128564983
Se passate di là, buon divertimento!
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