La mia avventura all'Iditarod Trail Invitational (ITI) ITI350 Alaska 2020
PARTE PRIMA
PROLOGO
Io decido per un equipaggiamento standard, testato già nelle precedenti tre Ultra Winter Arctic Race.
Winterlake Lodge affacciato su Finger Lake-Alaska: il race director Kyle Duran mi incrocia arrivando sulla sua moto slitta o Skidoo come la chiamano qui, mentre mi avvio verso la landing strip (pista d'atterraggio) ghiacciata da dove decollerà il piccolo aereo ad elica che mi riporterà poi alla fine dell'avventura ad Anchorage alla civiltà. Mi faccio da parte per permettergli di passare sul trail, come è obbligatorio fare, ma lui si ferma, scende e mi abbraccia dicendomi: "Max you are part of the ITI family".
Mi porto la mano destra al cuore e gli dico "Grazie per aver usato queste parole".
L'AVVENTURA
L'avventura era iniziata pochi giorni prima, l'ultimo giovedì di febbraio, con un lunghissimo volo Milano-Monaco-Detroit-Anchorage da 24 ore e 10 fusi orari.
Mi preleva in un clima ghiacciato lo shuttle bus dell'albergo. stordito dalle ore di viaggio. Cena leggera e subito a letto, una notte insonne lunghissima che non finisce mai. sarà la prima di tre nottate insonni e tre giorni di pessima alimentazione che mi catapultano sulla linea di partenza a Knik Lake.
Nel mezzo, ultimi acquisti da REI (un iconico mega store dedicato all'Outdoor), borsone disfatto e rifatto due volte, foto di rito a tutto il materiale, brevi scambi di opinioni con altri partecipanti alla fine dei quali ognuno resta della sua idea.
Nel mezzo, ultimi acquisti da REI (un iconico mega store dedicato all'Outdoor), borsone disfatto e rifatto due volte, foto di rito a tutto il materiale, brevi scambi di opinioni con altri partecipanti alla fine dei quali ognuno resta della sua idea.
Tanto fondo zaino, inutile se non nelle emergenze, thermos - ben quattro di dimensioni diverse per un totale di 3 litri - per l'idratazione: il bere sempre cose calde mi aveva dato un forte boost gli ultimi due anni. Alimentazione rivista con puntiglio e che funzionerà alla perfezione. Totale di 28 chili, come i due anni precedenti. La grossa alternativa avrebbe potuto essere l'uso del camel back al posto dei thermos, ma l'idea di avere dell'acqua vicina al corpo in una sacca che avrebbe potuto rompersi o anche solo avere delle perdite magari mentre dormivo in un sacco a pelo a -40° non mi piaceva per nulla, si tiene sotto vari strati di giacche che possono anche arrivare a tre nei momenti di freddo vicino e oltre i -40°. Ma non è questo che avevo testato e certo non volevo improvvisare.
La domenica mattina si allineano i 76 partecipanti sul punto d'incontro dal quale due bus porteranno noi e i voluminosi nostri equipaggiamenti al punto di partenza di Knik Lake.
I 76 atleti si dividono in14 donne e 62 uomini. le donne 9 in Bici e 5 a Piedi. gli uomini 35 in bici, 22 a piedi 3 5 con gli sci.52 atleti sulla 350 miglia fino a McGrath e ben 24 sulla 1000 miglia verso Nome.
(ndr ad oggi 9 marzo, sono 17 i Finisher a McGrath, 26 i ritirati o DNF e 33 gli attivi ancora sul percorso: il Winner sulla 350miglia Foot, alla quale prendevo parte è Gavan Henningam, mio amico e training partner a Courmayeur!).
Alla partenza Gavan si gira e mi esorta ad andare via insieme, come durante gli allenamenti, scuoto la testa, essendo arrivato in Alaska da due settimane ha dormito molto più di me e ha una slitta ben più leggera. no Way, imposto un passo controllato.
Prime 25 ore già durissime danno un'idea di quello che si affronterà poi, freddo, forti nevicate, vento. Ma nulla mi impedisce di tirare diritto fino al primo check Point di Yentna Station al miglio 60 (qualche chilometro più di 90). non c'ero riuscito nel 2018, quando avevo fatto una pausa a metà tragitto, ma quest'anno la preparazione è stata ben più di fino. Trovo a Yentna ben pochi concorrenti, ma Gavan è già ripartito proseguendo la sua galoppata. Come previsto mangio e dormo e allo scadere delle 4 ore programmate sono fuori nel buio e aggancio la slitta all'imbrago. Scendo sul fiume Yentna e mi dirigo verso Skwentna al miglio 90, ne devo percorrere 30. Buio, freddo, vento, non una buona visibilità. dopo sole 2,5 miglia la situazione peggiora, vento e neve aumentano, il termometro scende la visibilità peggiora. Non riesco a proseguire e decido di bivaccare, ma il palesarsi di due grandi moose (alci) mi fa prendere la saggia decisione di tornare a Yentna. so che saranno ore buttate al vento, ma prima la sicurezza. Mentre rientro incrocio Mark, un concorrente inglese, gli spiego la situazione e lui decide di andare a vedere. Incontro che avrà un seguito il giorno successivo.
A Yentna mi sdraio in una cabina di legno, prima calda come una sauna, poi gelida non appena salta la stufa e la porta viene lasciata aperta. sopravvivo fino all'alba, pensando che forse sarei stato meglio sul letto del fiume, e riparto.
Al via sono con Klaus un concorrente austriaco della 1000miglia che avevo conosciuto nel 2018. un piacevolissimo compagno di passeggiata, anche se molto solitario e ci facciamo compagnia a cinquanta metri di distanza evitando le chiacchiere.
Al miglio 77 facciamo una pausa di rito in un posto mitico sul percorso dell'Iditarod e che purtroppo non ero riuscito ad individuare nel 2018. Il video allegato rende bene l'idea della cabina e dell'ospitalità. Ci viene offerto un caldo piatto di fagioli-chili e una tazza di caffè bollente!
ovviamente si parla dei sempre presenti due soliti argomenti in Alaska: delle amputazioni dovute a congelamenti e delle moose's (alci) che ogni anno uccidono più persone che gli orsi. In particolare quest'anno le moose's sono ben più "hungry and angry" a causa della tanta neve che gli rende difficili gli spostamenti e i trovare cibo.
Mancano solo 13 miglia a Skwentna Roadhouse e di buona lena ci si incammina. a 4 miglia da Skwentna il famoso bivio e la scelta tra passare a destra o a sinistra. chi mi ha seguito due anni fa, sa bene che passando a destra si rischia di perdere il bivio e tirarla lunga verso il nulla.
Ma lascio la scelta al caso, Klaus è avanti e vedo che va verso destra. Mi viene da ridere. Va tutto per il meglio, troviamo il bivio che taglia per il bosco e ci facciamo le ultime miglia con una sensazione di caldo data dall'assenza di vento per merito dello scudo fatto dagli alberi.
------PROSEGUE-------
È uno dei pochi casi in cui mi mancano le parole e cresce il silenzio nell'ascolto affascinante dei tuoi racconti... e l'ammirazione di quello che hai fatto !!! ... un po' folle... ma grandioso...
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