domenica 31 marzo 2019

Sellaronda SkiMarathon 2019, quante emozioni



Sono le 17.50 di un bellissimo venerdì. Fa caldo, molto caldo in questo fine marzo. Il sudore scende dal casco e mi bagna la fronte. Non è solo caldo il mio: è tensione. Mi guardo attorno e cerco di mimetizzare il nervosismo, ma oggi è davvero difficile. Le pulsazioni salgono a mille. Sono qui a Selva di Val Gardena https://www.valgardena.it , in uno dei comprensori sciistici più belli del mondo e di fronte a me svetta la salita del Dantercepies. Sono qui perché tra pochi minuti partirà il Sellaronda skimarathon, http://www.sellaronda.it - la più spettacolare gara di scialpinismo in notturna - e io sono uno dei 1300 scialpinisti al via.
Dal 1995 ogni anno (con l'unica eccezione il 2009 quando la gara non fu disputata) Il Sellaronda skimarathon richiama migliaia di appasionati di skimo che si sfidano lungo il celeberrimo circuito che gira attorno al massiccio del Sella. 42km di gara e 2700metri di dislivello positivo per scavallare i quattro passi dolomitici: Passo Gardena, Passo Campolongo, il Pordoi e il Sella. Il tutto nel tempo limite di 6 ore e 20minuti. L'idea della gara venne – come nel migliore dei casi – a un gruppo di amici. Ed oggi quel sogno è diventato a tutti gli effetti uno dei momenti più importanti dello scialpinismo mondiale. Tanto che ogni anno le iscrizioni si esauriscono in pochissimi minuti.



Ma ritorniamo proprio alla partenza. Attorno a me vedo solo ragazzi e ragazze che nel migliore dei casi hanno 10 anni meno di me. Nel "peggiore" sono molto più giovani dei miei figli. Perché questa è una gara "velocissima": una specie di Formula 1 dello skialp. Una gara fatta, come recita un claim, per "uomini e donne jet". Ovvero uomini e donne che riusciranno a percorrere il tracciato sciando a velocità fotoniche in discesa e a ritmi forsennati in salita. Ritmi che hanno davvero dell'incredibile se pensate che in questa 24esima edizione del Sellaronda la coppia maschile vincitrice, composta dai  fortissimi , Filippo Barazzuol – William Boffelli , ha stabilito il nuovo record della gara arrivando al traguardo con il tempo di 2h56'59. Record del percorsobattuto anche in campo femminile dalla stella dello scialpinismo Laetitia Roux che in coppia con straordinaria Martina Valmassoi, ha tagliato il traguardo col tempo di 3h32'37".



Io so bene che oggi non sarò veloce: ho nelle gambe i 315km in Lapponia di pochi giorni fa, dove ho dàto davvero tutto. Ma come mi ha detto un maestro di sci stamattina "l'importante è avere il coraggio di partire" Poi quello che viene, viene. E sarà comunque un'emozione pazzesca. Perché vi assicuro che partire in seconda gabbia, subito dietro ai campioni e ben davanti a concorrenti che capisco essere molto più agguerriti di me implica di sentirsi davvero in dovere di dare il massimo con le energie a disposizione.
Emozione è fare la prima lunga, interminabile salita a tutta per poi trovarsi in cima al passo Gardena al tramonto e scoprire che il fiato ti si spezza in gola non solo per la fatica, ma anche per la bellezza incredibile del panorama che è davvero magnifico. In zona cambio mi tolgo le pelli, accendo la grande frontale e affronto la discesa verso Corvara e, mentre la notte scende, penso che questa sia una delle cosa più belle che ho fatto in vita mia. Emozione è passare Corvara attorniati da volontari premurosi e spettatori che fanno un tifo da stadio con campanacci e mi spingono sulla seconda salita verso Passo Campolongo. La notte cala e davanti a me c'è solo il cono di luce della frontale.
Non vedo i paesaggi magnifici che mi sono attorno, ma sento la stessa gioia che provavo nelle notti in Lapponia. Solo che qui ho anche la fortuna di condividere parte del "viaggio" con una simpaticissima coppia di ragazzi greci che scoprirò al pasta party sono gli organizzatori del  Pierra Creta https://pierracreta.gr/en/. Al pasta party ho anche la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con Oswald Santin, organizzatore e presidente della manifestazione, che è al settimo cielo per questa edizione da record con il muro delle 3 ore infranto dal team vincitore.
Il giorno dopo mi sveglio: sono stanco morto. Ma non riesco a stare fermo e ,inforcati gli sci, ritorno a quella che ieri sera era il luogo della partenza e riparto. Questa volta però senza pelli, ma con gli impianti. Sì perché il Sellaronda è soprattutto uno skitour che unisce quattro comprensori sciistici (Selva-Alpe di Siusi, Alta Badia, Arabba/Marmolada e Val di Fassa). Un percorso che si può percorrere, con calma, in circa 5 ore sia in senso orario (lo stesso della gara) percorso arancione sia in senso antiorario (variante leggermente più facile) percorso verde. https://www.dolomitisuperski.com/it/Scopri/Sellaronda-Grande-Guerra
Sono felice di godermi questo momento di serentià. Ma mentre scio tranquillo alla luce del giorno mi ritrovo a studiare i punti chiave del percorso della ski Marathon della notte prima. Sorrido e penso "e no Max, non puoi già pensare all'edizione 2020!!!!!!"


SCHEDA TECNICA
Sellaronda Skimarathon  http://www.sellaronda.it
42km – 2700 D+ tempo limite 6ore e 20. Prossima edizione 2020
Percorribile con un solo ski pass del Dolomiti Superski
DOVE ALLOGGIARE
Hotel Flora. Albergo delizioso a conduzione famigliare, situato in pieno centro di Selva e a pochi passi dalla partenza degli impianti. http://www.flora.bz

lunedì 11 marzo 2019

Rovaniemi300 2nd man on Foot





Donne veloci e tenaci. Donne davvero straordinarie alla Rovaniemi 300. Donne capaci di arrivare al traguardo davanti a tutti i concorrenti maschili, in una gara che per lunghezza (315km) e per difficoltà (si corre in Lapponia in pieno inverno e ad oggi solo 13 persone (erano sole 8 in totale per le precedenti 4 edizioni, ovvero 2 per anno) l’hanno finita nella versione “a piedi”!) è tra le più massacranti nell’ambito degli ultra trail artici. La prima di queste donne è l’italiana Marta Poretti, che a Rovaniemi ha fatto una prestazione davvero incredibile. Marta non solo è riuscita a mettere dietro di sé tutti i concorrenti a piedi, ma anche quelli in fatbike (solo il primo e il secondo sono riusciti a superarla!) stabilendo il nuovo record della gara 3 giorni 6 ore e 15minuti. La seconda invece è Rachel Frei, svizzera, anche lei è una veterana delle lunghe distanze artiche ed in particolare della Rov300 . Marta e Rachel sono arrivate prima e seconda assolute e con i loro risultati hanno sancito quello che oramai sta diventando sempre più una realtà concreta: le donne nelle lunghissime distanze battono sempre più spesso gli uomini!




Per quanto riguarda la mia gara (sì sono uno di quegli uomini che è arrivato dietro alle due ladies) devo dire che quello che mi ha stupito e che mi ha messo anche maggiormente in difficoltà è stato il caldo e la pioggia! Prepararsi per un artic ultra trail significa allenarsi in ambiente sempre sotto lo zero, testando tutti i vari materiali che verranno utilizzati in condizioni di gelo estremo. E come ricorderete dai miei precedenti report è quello che ho fatto nei mesi scorsi https://actionmagazine.it/rovaniemi-300-arctic-race-finlandia/ , forte anche dell’esperienza del Iditarod in Alaska l’anno scorso e della ROV150 l’anno prima. Grazie a questo lungo allenamento ero pronto ad affrontare tutto: neve, ghiaccio, freddo oltre il 30 gradi sotto zero. E invece? Invece in Lapponia ho toccato con mano il fatto che il riscaldamento globale non è una leggenda metropolitana, ma una tragica e preoccupante realtà di cui dobbiamo prendere coscienza e trovare soluzioni immediate per cercare di risolvere questa situazione.




I primi due giorni infatti la grande difficoltà è stata la temperatura ben sopra lo zero e la pioggia battente hanno reso le neve molle e creato pericolosi buchi nei lunghi tratti in cui il percorso attraversava fiumi e laghi. Spingere la slitta è già difficile, se poi la neve diventa molle diventa una tortura perchè bisogna spingere con tutte le proprie forze per evitare che s’impantani. Ma è stato l’overflow in assoluto il pericolo maggiore che mi ha accompagnato in tutta questa gara, soprattutto la notte quando la visibilità limitata rendeva il passaggio sui laghi un vero e proprio incubo. Sentire il ghiaccio scricchiolare e rompersi sapendo di essere imbragati ad una slitta che - a causa della pioggia – aveva raddoppiato – e oltre – il suo peso, sapendo di avere sotto di sé un lago profondo o un fiume è una esperienza terribile.




Per fortuna ho fatto una lunga parte del tragitto con il concorrente tedesco Walter Hoesch, Guida Alpina/Bergfuehrer, con cui abbiamo fatto team di fronte alle condizioni meteo così sfavorevoli. Ci eravamo già presentati al Briefing per i pochi concorrenti della 300km. Avevamo, a pelle, capito di avere un qualcosa che ci accomunava. Ci eravamo scambiati poche opinioni  sulle quali eravamo in totale accordo. E poi ero felice di poter parlare con lui in tedesco, cosa che pensavo di fare con il concorrente altoatesino che invece non è partito. In gara, poco dopo la partenza, lasciati sfilare i concorrenti della Rov66 e della Rov150 che avevano meno esigenze di noi di dover centellinare le energie ci siamo subito trovati "slitta  a slitta". La prima notte Walter si è fermato a fare la pausa di due ore al km 70 mentre io ho proseguito fino al km 80, per poi ritrovarmelo accanto la mattina.


Stessa pausa di due ore e stesso passo. Avanti affiancati fino al  km140, ultimo waypoint in comune con la Rovaniemi150 e altra pausa notturna. Insieme abbiamo lasciato sfilare i way-point dal 9 al 12, quelli tra i quali era vietato fermarsi pena squalifica, ovvero quelli in cui il fiume che si percorreva lambiva la cittadina di Rovaniemi. Ha voluto lui testardamente allungare il lunghissimo terzo giorno per raggiungere a notte fonda, ben oltre l’una del mattino una minuscola cabin in legno che ci ha accolto con il suo "tepore", nonostante questo abbia significato allungare il percorso di circa 1 ora perché si trovava lontano dal percorso di gara. Il quarto giorno una forte nevicata ci ha preso nel mezzo della notte e qui sono stato io a trovare due giacigli bordo sentiero dove abbiamo aperto i nostri sacchi bivacco e sacchi a pelo e ci siamo riparati per 4 ore. Poi la volata finale nei 25 km di fiume ghiacciato verso Rovaniemi, con Alex Casanovas, l’ideatore e  il direttore della gara, che ci affianca con la sua motoslitta per scattare alcune foto!




La Rovaniemi300 (assieme le sue sorelle minori la Rov66 e Rov 150) è una gara unica nel suo genere in Europa. Ed è davvero straordinaria per il percorso, per le difficoltà che si devono affrontare, per il paesaggio magnifico e selvaggio. E’ un gara dura, che richiede una grande preparazione per essere “portata a casa”. Ma soprattutto, grazie alla dedizione e all’impegno del suo direttore, Alex Casanovas, è perfettamente organizzata in ogni singolo dettaglio (dal briefing iniziale all’arrivo a Rovaniemi). Grazie a lui e al suo team perché ogni anno lavorando come dei matti creano questo evento magnifico!


              

martedì 5 marzo 2019

Rovaniemi300: la preparazione




Mancano poche settimane per la mia nuova avventura nei ghiaccio e nel freddo della Lapponia. Quest’anno ad attendermi ci sono i sentieri gelati del Circolo Polare Artico  per la Rovaniemi 300km, l’Arctic Winter Race che si disputa ogni anno in Finlandia e che quest’anno vede un record di partecipazione: ben 15 partenti nella distanza 300km, 48 in quella dei 150km e 71 nella short distance di 66km.

Insomma ben 134 persone che si daranno appuntamento dal 22 Febbraio nella città di Babbo Natale per sfidarsi a piedi, con le fat bike o con gli sci lungo fiumi ghiacciati, sentieri innevati sotto cieli che si spera stellati e attraversati dalle aurore boreali. Non possiamo quindi dire che il fenomeno delle Arctic Races sia di massa, ma di sicuro possiamo constatare che sempre più persone si avvicinano a questo tipo di competizioni (nel 2012 anno della prima edizione al via c’erano solo 12 partecipanti) e che sempre più persone s’interessano alla corsa sulla neve, come nuova sfida in cui cimentarsi.



Ho intervistato alcune settimane fa Alex Casanovas (https://actionmagazine.it/alex-casanovas-rovaniemi-arctic-race/ ) ideatore e direttore di gara della Rov150, nonché esperto del circolo polare per fare il punto su questo tipo molto speciale di gare. E adesso che siamo oramai arrivati alla vigilia della partenza è arrivato il tempo di fare i bilanci della preparazione.

Da dove ho cominciato quest’anno? Come negli anni scorsi, ho cominciato il mio allenamento specifico trainando il vecchio copertone sui sentieri autunnali. Fin da subito ho avuto delle belle sensazioni date nel riconoscere il peso del copertone, gli strattoni all’indietro ricevuti per colpa degli ostacoli – sassi e radici - ma anche il bel feeling dato dai tiranti usati in Alaska. Eh sì perché uno dei passi avanti quest’anno l’ho fatto anche grazie all’utilizzo, almeno ad inizio preparazione, di materiali già messi a punto prima dell’Iditarod di febbraio 2018. Passo avanti non da poco visto che in questo genere di trail che si basano sulla totale autosufficienza, l’attrezzatura è fondamentale e va testata in ogni sua minima componente.

Come ho proseguito? Non appena la prima neve è arrivata e non appena i sentieri innevati lo hanno permesso, ho passato ore e ore – riferimento più importante che un semplice computo di chilometri  - a correre con lo slittino carico per iniziare a sentire le sensazioni – non sempre piacevoli – che il traino generava. In questa fase ho usato i vecchi tiranti, ma l’esperienza accumulata – e il tempo a disposizione – hanno fatto si che mi ingegnassi e iniziassi a dedicare le dovute attenzioni a basilari elementi di fisica e alla presenza di attrito nonché ai pericoli di rottura in presenza di freddo. Sempre in questa fase, ho ripreso i test di accensione del fornelletto ripetendomi l’adagio “un alpinista deve conoscere il suo fornelletto come un soldato conosce il suo fucile”. Nessun intoppo, movimenti memorizzati un anno prima ripetuti meccanicamente, ma ora con il kit di manutenzione sempre al seguito.







Differenze con lo scorso anno? Non poche. Anzi una grande, e che vale per molte! Ovvero quest’anno avevo a disposizione già durante gli allenamenti, la slitta vera (vedi foto) che utilizzerò a Rovaniemi. E questo è stato un indubbio vantaggio. Per fare un paragone tra lo slittino e la vera pulka posso dire che è  come correre la maratona con un paio di scarponi da montagna al posto di scarpe A2. In allenamento ho potuto rendermi conto di questo testando la pulka su vari tipi di neve e ghiaccio e vari tipi di percorso più o meno accidentato e con o senza dislivello. Infatti i 1300 metri di dislivello nei primi 150 chilometri di gara non sono certo tanti, ma trainando una slitta di circa 20kg possono diventare davvero impegnativi  come avevo già raccontato l’anno scorso (https://actionmagazine.it/my-road-to-iditarod-addomesticare/  Sono poi arrivato ad ottimizzare i tiranti anche in funzione della gestione degli ostacoli stessi. Qui chi ha un paio di Winter Ultra Arctic Trails alle spalle, fatte con slitte diverse, mi hanno dato l’esperienza necessaria per migliorare questo aspetto. Per gli altri… speriamo bene!




Cosa resta da fare? Non poco. A poche settimane dalla partenza, ho iniziato la fase tipica del pre-gara. In un Ultra Trail questa fase si può sintetizzare la domanda “cosa mi porto?”, in una artic winter ultra invece la domanda è “cosa lascio a casa?”. Qui il successo si misura in chili risparmiati, che però possono tradursi in dita amputate. Qui non si può sbagliare: per ogni chilo risparmiato, il tempo ipotetico di percorrenza diminuisce, ma i rischi aumentano! Per questo ognuno deve fare i conti con se stesso, non si possono ascoltare suggerimenti. Io ad esempio, in Alaska avevo giurato a me stesso che al prossimo Arctic Winter Ultra avrei portato la pala che ho sempre con me durante le scialpinistiche. Lo faro?