Correre sia UTMB che Gran Raid Réunion era un tuo obiettivo di inizio stagione o è nato così per caso?
Prima di tutto, fammi salutare tutti gli amici Road! Per quanto riguarda l’UTMB erano anni che cercavo condizioni meteo ideali per riuscire finalmente a percorrere tutto il percorso originale. Ho partecipato a tutte le edizioni dal 2008, ma a causa delle avverse condizioni meteo avevo sempre fatto percorsi modificati. Ero quindi sì Finisher... ma quest’anno finalmente mi sono laureato UTMB inisher del percorso originale! La Diagonale des Fous è invece nata per caso, parlando con un responsabile dell’UTWT (Ultra Trail World Tour) quando non so bene perché gli fatto una domanda davvero ‘Fous’, folle. «Senti: nelle prossime settimane corro l’UTMB e ho già fatto varie altre gare targate UTWT. Ma perché non mi invitate a La Rèunion così ne faccio una che non ho mai fatto?». Credevo che mi avrebbe mandato a quel paese. Invece, due giorni dopo, ho ricevuto l’invito!
Raggiungere l’isola di Réunion è impegnativo, cosa ti ha spinto ad andarci?
La fortuna mi ha dato la possibilità di andare e io l’ho presa al volo. Onestamente non avrei mai organizzato un viaggio simile, mi rimanevano poi solo quattro giorni e mezzo di ferie. Però ho pensato che passandone tre in gara mi rimanevano abbastanza ore per il viaggio (il solo
Parigi-La Réunion sono 12 ore di volo), allora mi sono detto: ma sì andiamo! Uso il plurale perché per essere certo di riuscire a raggiungere l’aeroporto dopo l’arrivo in tempo per il check-in, mio figlio ha viaggiato con me, ha tagliato con me il traguardo portandosi i nostri due borsoni da viaggio sulle spalle, mi ha letteralmente imbarcato sull’aereo del ritorno che avevo quasi ancora il pettorale addosso.
Quali sono le principali differenze che hai notato tra UTMB e Gran Raid Réunion?
I bastoncini e il GPS. Considero i bastoncini come la cosa che ti permette di tagliare il traguardo comunque vada, anche con le caviglie o con le ginocchia scassate, una sorta di ‘assicurazione sull’arrivo’. A La Réunion sono giustamente vietati, sia per il rispetto della natura che per la sicurezza (in troppi li usano come se fossero sbandieratori al Palio di Siena!), sia per rendere la corsa con un po’ più di pepata e originale. Poi onestamente, ci si fa l’abitudine e non mi sono mancati per
niente. Per il GPS vi devo raccontare un anedotto. Nel 2010 Marco Olmo mi disse:
«Ricordati che in queste gare uno swatch basta e avanza, e poi pesa meno!». Da allora, uso il GPS/altimetro solo per fare il ‘fenomeno da passeggio’ a Milano e in montagna dove l’altimetro è essenziale! Questa volta però ho fatto un’eccezione e me lo sono portato alla Diagonal per avere un supporto psicologico per compensare la totale mancanza di conoscenza del lungo percorso... ma te lo confesso: poteva restare a casa.
Il tracciato della Diagonale è davvero così tecnico come si legge in giro? È
stata la gara più dura che hai fatto?
Sì è molto tecnico. Ti racconto questo. Il sabato mattina arrivo al ristoro dopo aver
fatto quella che reputavo essere la salita più dura mai fatta in vita mia! Guardo i
volontari e glielo dico e quelli al posto di consolarmi mi dicono: «Quella che viene
adesso è altrettanto difficile, ma lunga il doppio e con il doppio di altimetria!» Ca-
pisci? Doppio dislivello e doppia distanza da fare sotto il sole di mezzogiorno a 20
gradi di latitudine sud. Mi sono tolto il pettorale! Ma nessuno mi ha preso sul
serio e allora me lo sono rimesso e sono andato al martirio! Meno male che alla
fine della follia c’era un mangia e bevi di qualche chilometro dove ho potuto far
andare le gambe e ‘pulire il carburatore’.
Quindi ti confermo: sì è dura, molto dura, lasciatela stare!
Hai effettuato un allenamento e preparazione particolare per questa gara?
Ehm, tre essenziali: scarico dopo l’UTMB (non ne potevo più di scarpette... sono
partito per l’UTMB dopo due giri completi, ovvero ad agosto ho fatto solo su
quel tracciato 170 km x 2 + 170 km), birre (dopo tutto agosto a zero totale pro-
UTMB) e un solo allenamento in Brianza, su asfalto (!) con le scarpe da trail, gi-
rando di notte attorno al Parco di Montevecchia e sprintando con i gruppi di
biker che non so perché si trovavano lì e insultando chi mi aveva portato lì e non
aveva le frontali per correre sullo sterrato!
Qual è stato il momento più duro e quello più emozionante?
Emozionante da togliere il fiato l’arrivo con mio figlio accanto. Emozionante il rendersi conto in gara che erano due notti che andavo senza minimamente pensare di non aver dormito un solo minuto.
Emozionante il gestire le ultime poche decine di chilometri nel buio della terza notte con la certezza che sarei arrivato alla fine. Emozionante l’ultima discesa a tutta, tra rocce e radici, sprintando con dei giovani locali senza volerli lasciare andare. Emozionante ‘superare l’emozione della partenza’ solo all’undicesimo km realizzando che c’erano ancora bambini a tendermi il ‘cinque’ a mani aperte. Duro
tutto il resto.
Dopo un’annata così, che obiettivi ti poni per il prossimo anno?
Qualcosa di nuovo: più a nord del Norseman, a febbraio: mi hanno suggerito una corsa in Lapponia di 150 km, con tempo limite alle 3 di mattina del mio compleanno! Unico problema è che è una “Iditarod invitational qualifier” e che sto già prendendo informazioni sull’Alaska 2018. Spero che la cosa non porti fortuna e che io decida di restare in un pub finlandese alla partenza anziché affrontare i -30/-35 gradi previsti sul percorso!
Poi sto già lavorando su un potenziale secondo (aprile) e idilliaco terzo (giugno) “weekend” in montagna, ma qui si parla di cose in Valle d’Aosta davvero toste, che meritano rispetto e umiltà, per cui capo chino e mantengo il riserbo!
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