sabato 10 ottobre 2020

Mountainbiketouren im Vinschgau

Mountainbiken verlangt seinen Anhängern einiges an Einsatz und technischem Können ab: meistens braucht es Jahre um Hindernisse auf den Wegen zu überwinden und das Bike im steilen Gelände perfekt unter Kontrolle zu haben, aber auch Ausdauer in den Beinen um die langen Anstiege zu schaffen. Ich hatte das Glück, Mountainbiken mit Leuten zu praktizieren, die sich auskannten und habe mir einige Geheimtipps zeigen lassen, die ich oft mit spektakulären Stürzen bezahlte…. Allerdings konnte ich mir nach einigen Jahren eine solide Technik aneignen, die es mir ermöglicht, einige Prestige-Wettkämpfe wie den Sellaronda Hero in meinem Portfolio zu führen.

Dieses Wissen um mein Können im Hinterkopf, fand ich mich an einem Sonntag im Spätsommer in Latsch, im Herzen des Vinschgaus, wieder.

Ich habe mir sagen lassen, dass dieses Gebiet eine Art Mekka für Mountainbiker ist, mit Touren, die von einfach und für die ganze Familie geeignet bis zu technisch sehr herausfordernd reichen. Begleitet wurde ich auf meinem „Zweirad-Abenteuer" von Hannes Silbernagl, ein Experte auf seinem Gebiet (u. a. hat er ein Buch über Mountainbiketouren im Vinschgau geschrieben) und Gründer der Bike Academy Lana.

Zwar spürte ich v. a. in den Beinen eine große Müdigkeit, da ich am Vortag den Ortler bestiegen hatte, aber ich freute mich so sehr, meine Leidenschaft fürs MTB in diesem Gebiet ausleben zu können, dass dies schnell vergessen war. Außerdem klärte ich mit meinem Guide sofort: „Kein Bike mit Elektrounterstützung für mich!" Es tut mir leid und ich weiß, ich wirke vielleicht altmodisch, aber ich bin wirklich gegen diese Art von E-Bike. Oder besser gesagt: ich bin absolut für das unterstützte Radeln als ökologisches Verkehrsmittel um sich in der Stadt zu bewegen bzw. als Hilfsmittel für jene, die mit körperlichen Einschränkungen zu kämpfen haben. Aber bitte hört mir mit dem E-Biken auf, das für technische Wege gedacht ist oder um „Sport" zu machen, denn in diesen Fällen glaube ich aus tiefstem Herzen, dass man betrügt, weil man viel weiter kommt, als es die eigenen Kräfte zulassen würden. Allerdings scheine ich mit dieser Meinung einer immer kleiner werdenden Minderheit anzugehören, speziell weil sogar Hannes mich auf einem E-Bike überrascht! Er bemerkt, dass ich mich fehl am Platz fühle und beginnt, mir die Vorteile seines „Arbeitswerkzeuges" zu illustrieren. Ein höchst personalisiertes E-Bike, sei es wegen der Zollgröße der Reifen (29" vorne und 27" hinten) sowie der 4-Kolben Bremsen vorne und hinten. Hannes führt weiter aus, dass die Anzahl und die Leistung der Akkus nicht zuletzt vom Fahrergewicht abhingen. Er erzählt mir von seiner Touren-Scouting-Aktivität im Gebiet um die besten und schönsten Wege für seine Klientel zu finden; dies wäre aufgrund der Kilometer- und Höhenmeteranzahl mit einem weniger innovativen „Fortbewegungsmittel" fast unmöglich.


Er fügt hinzu, dass inzwischen nur noch eine auf 100 Anfragen ohne „E" sei. Ich lasse mir keine Gefühlsregung anmerken und schwinge mich auf meinen Sattel. Zugegeben – ich empfehle die Benützung des Sessellifts um sich einige Höhenmeter zu sparen und die schönsten Stunden des Tages am besten zu nützen um mehrere verschiedenen Abfahrten auszuprobieren. Hannes und ich werden heute den neuen Barbarossa-Trail testen, der von der Tarscher Alm, die einen atemberaubenden Blick bietet, bis zur Talstation des Sessellifts führt. Wir haben für die 6 km ca. 45 Minuten (inklusive Fotos) benötigt.
Der Trail ist wunderschön: eingebettet in Wälder, die nach Harz duften, bietet er eine wirklich variantenreiche Abfahrt, die sogar über gebaute Holzkonstruktionen führt. Die ständig wechselnde Neigung und die verschiedenen Untergründe passen perfekt zu meinen Ansprüchen. Während der Abfahrt beschränkt sich Hannes nicht nur auf die Wahl der besten  Variante, sondern gibt mir einige wertvolle Techniktipps (die Jungen fahren das MTB ein wenig…moderner), sodass Spaß und Sicherheit in großem Ausmaß zunehmen.
Ich bin glücklich wie ein Kind und das Knödeltris auf der Tarscher Alm versüßt mir die Pause vor der zweiten Abfahrt.

Die Trails hier sind alle sehr gut ausgeschildert und machen großen Spaß; natürlich ist es wichtig, den richtigen zu wählen und es ist immer besser, sich von Kennern beraten zu lassen, bevor man sich hinunterstürzt.
Grundregel: seid besonders achtsam bei der Wahl des Trails, ich empfehle die http://www.singletrail-skala.de/ zu konsultieren; geht von eurem tatsächlichen Können aus, lasst euch beraten und gegebenenfalls von jemandem begleiten, der sich auskennt!


sabato 19 settembre 2020

L’Alto Adige dall’Alto: Ortles 3905m

Le montagne sono luoghi che confortano il corpo e la mente. Le lunghe passeggiate, l'aria pura e la natura in tutta la sua potenza aiutano ad estraniarsi dalla quotidianità e a ritrovarsi. E sono certo questo valga per tutti ancora di più dopo questo lungo e travagliato periodo che abbiamo vissuto e stiamo tuttora vivendo. Ecco perché quando ho avuto l'opportunità di andare in Alto Adige e più precisamente in Val Venosta, provincia di Bolzano, non ho esitato nemmeno un secondo e sono partito per un lungo e molto impegnativo weekend.

La mia intenzione era di approfittare di ogni secondo che avevo a disposizione per fare quanto più possibile camminando e pedalando. Ma soprattutto avevo un grande obiettivo: quello di vedere questi luoghi meravigliosi da una posizione unica e privilegiata: cioè dalla cima della montagna che con i suoi 3905metri è più alta vetta dell'Alto Adige: il mitico Ortles.

Arrivo il venerdì mattina a Solda, piccolo paese immerso nell'immenso Parco Nazionale dello Stelvio incastonato tra Alto Adige, Lombardia e Trentino e mi metto subito a studiare il percorso che mi attende. Partendo da Solda sono esattamente 2000 m di dislivello positivo da coprire. Una bella scarpinata, ma per fortuna riesco ad "azzerare" i primi 400 m di dislivello prendendo la Seggiovia dell'Orso e lasciandomi cullare fino ai 2300m della stazione di arrivo. Scendo e subito un brivido: da qui la maestosità dell'Ortles incute timore. E' una montagna imponente e severa, le cui difficoltà tecniche si vedono da subito ad occhio nudo. Leggendo la relazione la via normale è definita PD+ (scala alpinistica) ma oggettivamente mi sembra più impegnativa di altre ascensioni che hanno lo stesso grado.

In questa mia uscita alpinistica, mi faccio supportare da Kurt Ortler, guida alpina, con oltre 25 anni di servizio e probabilmente uno dei più grandi conoscitori di questa montagna. Kurt Ortler e i suoi colleghi della Scuola d'Alpinismo Ortler organizzano una serie di incredibile di corsi e di escursioni che vanno dalle più complesse ascensioni alpinistiche in alta montagna a ferrate adatte a tutta la famiglia. Questo tipo di corsi e di escursioni fatti con guide alpine dalla grandissima competenza sono fondamentali per poter conoscere e visitare l'ambiente montano in sicurezza e nel rispetto della natura. Purtroppo troppe persone vanno in montagna senza la benché minima conoscenza del luogo in cui si trovano ed è necessario che si cerchi quanto più possibile di diffondere una cultura della montagna.

L'appuntamento con Kurt è direttamente al Rifugio Payer, che si staglia sulla cresta rocciosa a 3000 m di quota, ben visibile dall'arrivo della seggiovia. Il sentiero n. 4 sale fin lì passando per il Rifugio Tabaretta, dove ci si può concedere un riposo a metà strada e da dove si può ammirare un primo panorama della Valle dall'alto. Al Rifugio Payer si viene accolti da signore gentilissime nei loro costumi tipici e ci si sente subito immersi in una atmosfera unica, visto che il Rifugio risale al 1875 e fu costruito dalla sezione di Praga dell'equivalente del nostro CAI. Il panorama è stupendo e si estende su tutto lo Stelvio, sulla tortuosa strada che sale verso il Passo, sulle vette svizzere, austriache e sull'alta Val Venosta.

Stare in rifugio è sempre un'esperienza emozionante: i suoi ritmi lenti e la notte passata nel silenzio profondo. Ma anche la sveglia che suona a notte fonda quando l'alba è ancora lontana, la colazione silenziosa in cui tutti i pensieri sono concentrati sulla salita alla vetta. E poi fuori nel buio, col vento che soffia forte, con lo zaino in spalla: pronti per questa nuova avventura!

Dopo tanti anni, ancora mi emoziona incamminarmi con la luce della frontale ad indicare la strada. Le rocce si presentano presto con tutta la loro difficoltà. Ma le rocce ci parlano anche di sofferenza, il caldo atipico degli ultimi anni le ha martoriate fino a sgretolarle, facendo sciogliere i ghiacciai che fino a poco tempo fa dominavano questi luoghi. Le prese non sono tutte sicure e il ghiacciaio che si è ritirato ha lasciato lunghi tratti levigati e con pochi appigli. Viene un po' di tristezza e forti sensi di colpa, perché la colpa di questo sfacelo è nostra del nostro stile di vita e la nostra incapacità di impegnarci per cambiare la minaccia del riscaldamento globale.
Le catene messe per sicurezza sono a portata di mano, ma metri sotto quelle che si usavano pochi anni prima, quando c'era il ghiacciaio che si è ritirato. Comunque si sale alternando arrampicate e passaggi in cresta, a tratti esposti. Dopo circa un'ora si arriva all'inizio del maestoso ghiacciaio che resite ancora e dove si calzano i ramponi e si impugna la piccozza.
La temperatura è mite e si avanza attraverso enormi crepacci, "i buchi degli orsi", verso un canalone ghiacciato o "Eisrinne". Si passa nelle vicinanze di un Bivacco l'alta quota e poi si riprende a salire ripidamente per il Plateau che porta sino alla vetta! Ore 08:30 dopo 3 ore e 10 minuti. Che meraviglia! Il panorama è mozzafiato! Fatica ripagata!
Unica poi la croce in vetta che ha un vetro colorato incastonato che regala riflessi unici sotto la luce del sole permettendo la famosa foto di vetta, unica nel suo genere.
Discesa lungo la stessa via ammirando gli immensi seracchi e permettendosi le usuali foto ricordo. Alle 11:00 esatte siamo di nuovo al Rifugio Payer e poi giù di nuovo a Solda. Che giornata memorabile! Highly recommended!

sabato 12 settembre 2020

Diagonale des Fous - La Reunion 2016

Della mia Diagonale des Fous avevo già scritto http://maxmartaoutdoor.blogspot.com/2016/10/diagonale-des-fous-2016.html e ne avevano scritto http://maxmartaoutdoor.blogspot.com/2017/01/intervista-sulla-mia-diagonale-des-fous.html ma ho recuperato molte foto che ora voglio pubblicare.

sabato 29 agosto 2020

UTMB2020: Pau Capell la corre lo stesso


La Settimana di fine Agosto, ogni anno è sinonimo di UTMB. Non  quest'anno. Ma io non ho resistito e Lunedì 24, in piena crisi d'astinenza, mi sono ritrovato a Chamonix per provare malgrado tutto e tutti la partenza e i primi chilometri. Quando sono partito sapevo che sarebbe stata solo una relativamente breve corsetta. Ma vi confesso che non è stato facile, ad un certo punto, dire basta e tornare indietro. Troppa la voglia di continuare quel sentiero unico e meraviglioso. Ma non avevo nulla con me e a malincuore ho girato i tacchi verso Chamonix.
Solo pochi giorni dopo però qualcun altro ha fatto molto meglio, molto ma molto meglio. 

Pau Capelltrail runner del team TheNorthFace, ha completato l'iconico percorso del Tour du Mont Blanc, correndo in solitaria con un tempo di 21:17:18.

 


Lo ha fatto anche per tutti coloro che stanno affrontando grandi sfide in questo difficile anno, inclusi tutti gli appassionati di running che non hanno potuto correre l'UTMB.

 

171 km e più di 10.000 metri di dislivello positivo per quello che viene considerata uno degli ultra trail più impegnativi al mondo, attraverso il meraviglioso panorama delle Alpi in un percorso mozzafiato tra Francia, Italia e Svizzera.


Per tutti gli altri runners non resta che attendere il 2021.







martedì 28 aprile 2020

UTMB2020, perché no? Pourquoi pas? Why not?




2016 UTMB Finisher Birra a Chamonix


Giorni chiusi in casa che poco a poco sono diventati settimane e adesso mesi... Ma il sogno di tornare a correre sui sentieri delle montagne non cessa. Anzi cresce ogni giorno di più.

E allora si gioca con la fantasia a "se fossi..."
Per rendere questa quarantena meno dolorosa, per volare con la mente sulle cime delle alpi.



E oggi quando la tanto sperata apertura si è per l'ennesima volta infranta nei numeri dei contagiati e nelle nuove disposizioni governative ... il mio gioco è "se fossi M.me Poletti" 


Io me la vedo Madame Poletti a scervellarsi. E penso che i miei anni di esperienza nei trail e nelle gare estreme potrebbero pure servire a tentare a trovare una soluzione. Non dico definire con certezza assoluta il modo per poter risolvere un problema, ma almeno individuare quelle che sono delle modalità già testate in giro per il mondo che potrebbero singolarmente essere d'aiuto, per poi miscelarle insieme e adattarle le une alle altre per arrivare a quella che potremmo definire un proposta.

Iniziamo con il definire il problema pricipale che si trova davanti M.me Poletti: come potrebbe UTMB 2020 (nel caso ci fossero le condizioni minime per partire) garantire la necessità di distanziamento sociale, comune alle tre nazioni attraverso le quali si snoda il trail (Francia, Italia e Svizzera nell'ordine) e le differenti regolamentazioni nazionali nelle singole tre nazioni


Incognita questa che comporta dei sotto problemi da gestire:
-Distanziamento sociale in Partenza a Chamonix
-Cambio di Regolamentazioni nazionali ai confini
-Distanziamento ai ristori
-Distanziamento alle rilevazioni dei passaggi
-Distanziamento all'arrivo


Proviamo a listare potenziali soluzioni:


Al momento la partenza è prevista per le ore 18:30 da Chamonix con la modalità Partenza in massa. La soluzione potrebbe essere partenza singola a partire dal mercoledì alle ore 18:30 ad un minuto di distanza in base al punteggio ITRA, con l'ultimo concorrente, quello più lento o meglio quello con punteggio più basso che parte alle ore 18:30 del venerdì. Questo permetterebbe la partenza di ben 2880 UTMB participants.


Il percorso potrebbe essere tenuto tutto in territorio francese. Questo eviterebbe la gestione di soluzioni tardive ricevute da Svizzera e Italia. Quale percorso? Beh io ho sperimentato nel 2012, la modifica di percorso causa "problemi al confine", in quel caso si trattava di neve. Lo stesso percorso, beh con pochi o tanti miglioramenti, potrebbe benissimo essere riproposto. Nel 2012 fummo informati il giorno prima, quest'anno si potrebbe dare informativa con forte preavviso.


Per i ristori, questo è davvero il minore dei problemi. Vista l'esperienza dei partenti, nessuno dovrebbe aver problemi a mettersi un litro d'acqua in più nello zaino (o far acqua nei torrenti) e portar con se 10/15 barrette/gel o simili.


Per la rilevazione dei passaggi, piuttosto che l'arcaico lettore di BarCode, si potrebbe avere un trasmettitore legato allo zaino e tutti potrebbero essere dovutamente seguiti. Tanto più che trattandosi di un giro circolare non dovrebbero esserci problematiche di sportività.


L'arrivo? Beh no, non vieterei la lattina di birra bevuta sui gradini della chiesa! Però giusto un minuto per la foto di rito e via! Niente doccia, niente brandine, niente massaggiatori, niente fisioterapisti, niente di niente...
  
E il gioco del "se fossi Madame Poletti" oggi mi rende questa cattivitá un po' meno pesante... forse


E voi cosa ne pensate?



Fatemi sapere, grazie!



Mie Partecipazioni:
2008 CCC Finisher
2009 UTMB DNF
2010 UTMB Finisher
2011 UTMB DNF
2012 UTMB Finisher
2013 TDS DNF
2014 TDS Finisher
2015 Tor Des Geants Finisher
2016 UTMB Finisher
2017 CCC Finisher
2018 OCC Finisher
2019 CCC Finisher

lunedì 13 aprile 2020

Memories: Norseman 2014 - Extreme Ironman in Norvegia




Oggi vorrei essere su questo ferry che mi porta al largo per poi... ecco il mio resoconto del Norseman 2014 in Norvegia 

DOPO 7 IRONMAN APPRODAI AL NORSEMAN E FU TROPPO BELLO PER TORNARE INDIETRO  

Il Norseman è un triathlon lungo estremo composto dalle consuete distanze IronMan. Si deve lottare con una frazione di Nuoto (3,8 chilometri) in un gelido fiordo norvegese in piena notte, una frazione Bici (180 chilometri) che insieme alla Maratona (ovvero 42,2 chilometri) finale fino alla vetta più alta della Norvegia raggiunge complessivi 5000 metri di dislivello .


Sicuramente posso dire che, come la Marathon des Sables e poche altre, anche il Norseman è una gara da fare una volta nella vita e basta, anzi evitatela se riuscite perché è dura, molto dura, molto più dura del previsto. I concorrenti sono stra-preparati ad affrontarla e più performanti del previsto. D’accordo, se proprio ci tenete provatela, ma poi non andate in giro a lamentarvi della sofferenza “pura e assoluta” che vi renderà comunque fieri di voi.


al ritiro pettorali

Pre imbarco

Il tuffo dal traghetto.
il salto dal traghetto


SWIM
Qualche esempio di questa sofferenza? Il tuffo. Sveglia alle 2 a.m., portare la bici in zona cambio, spogliarsi e infilarsi la parte bassa della muta, salire a bordo del traghetto entro le 4 a.m. Il traghetto va, ci si infila tutta la muta, vaselina a manate ovunque, cuffia doppia in neoprene, cuffia gialla ufficiale, occhialini sopra per poterli sistemare se qualcosa andava storto in gara (ed è servito). Il battello si ferma, apre sollevandola la parte anteriore, i concorrenti si ammassano a prua (se ne vedono un paio sgattaiolare verso le “chicken exits” laterali), si salta pressati come parà nel vento.
Io tengo con le due mani gli occhialini e scendo a candela, giù nell’acqua che sembra olio, olio freddo, che toglie ogni attrito, che ti lascia scendere veloce, con il torpore dato dal sonno, dato dal buio, dagli occhi chiusi, dal freddo. Neanche in sogno. Neanche in un incubo. Scendevo veloce in un olio freddo e buio. Non reagivo. Attimi infiniti. “Ok ora falla finita”, “Max metti le gambe”, “Max batti le gambe”, “Max rispondi”. Reagisco, interrompo la discesa e inizio a risalire. Salendo nel buio sento sempre più nitidi dei rumori, sempre più forti… si stanno tuffando gli altr. E poi via con gli esercizi di riscaldamento!




T1 grazie Mister

Mi hanno chiesto del freddo in acqua. Ho risposto: “Il freddo? Ma quello è stato il problema minore”. Il peggio è stata la paura nei mesi pre-gara. Poi una volta saltato dal traghetto e dovendo gestire onde e corrente e forte ritardo in partenza, al freddo non ho dedicato neanche un pensiero. Le energie erano limitate, e dovevano essere concentrate per gestire i problemi incombenti.

Ristoro

Panorama in salita

Meteo sull'altipiano

L'altipiano 

Tratto di sterrato 


BIKE
Vogliamo parlare della bici? I 2.000 metri di dislivello nei primi 40 km, una salita con pendenza a doppia cifra e velocità a cifra singola, mi hanno fatto sognare il rampichino della MTB mentre i muscoli delle gambe erano in fiamme e mi ripetevo: “Mai, non hai mai messo i piedi a terra, non farlo ora, non farlo ora, dai che la salita finisce, e se non finisce te la pedali tutta!”. Poi nella “terra di mezzo” iniziando a riflettere su come impostare la corsa, mentre pensavo di avere la parte del corpo a contatto con la sella completamente spellata dopo 10 ore (a confronto con le 5h44’ di Klagenfurt, sempre sulla distanza dei 180 km, scoppiavo a ridere pensando: “Arrivaci in T2…”).
Il T2 (zona cambio dalla bici alla corsa)? Uno dei regali più belli che mi potessero fare. Ste si avvicina come un bambino che ne ha combinata una grossa, mi guarda e mi dice: “Te lo devo dire, ci siamo presi una penalità e la devi scontare tu, abbiamo oltrepassato con le ruote di sinistra (ndr della macchina d'appoggio obbligatoria) il centro della carreggiata mentre ti chiedevamo del cambio borraccia. Un giudice ci ha visto e ti ha dato 5 minuti di stop”. Spettacolo, mi siedo sorridendo e inizio a togliermi gli abiti bagnati. Vengo aggredito da un giudice, che mi dice che sto scontando una penalità e che devo farlo fermo, senza spogliarmi! Mentre pedalavo, gli 11 gradi di temperatura sotto la pioggia non erano sembrati tanto freddi come da seduto e fermo. Bene così, mi è solo servito per caricarmi come una fionda.


Uscita da T2






RUN
La corsa? Ricordo la faccia di chi sorpreso dal ritmo che tenevo e dalla concentrazione che mi imponevo per provare a raggiungere il tempo limite al km 32,5…cosa volete che mi sia costato provarci!?! E anche la faccia di Ste che sembrava dire “Nella corsa l’ho allenato io, e ad aprile gli ho fatto fare il p.b. a 50 anni suonati!”.

Poi finalmente, dopo 18 ore, l’arrivo. Il viaggio verso il campeggio. La cena apparecchiata su una sedia. La doccia rapida al buio, e alle 2 a.m. chiuse le 24 ore, a letto! 

martedì 17 marzo 2020

Da evento più estremo e meno partecipato a unica gara in corso al mondo


Questa è l'Iditarod Trail Invitational ITI2020, in Alaska, nella distanza delle 1000 miglia fino a Nome.


AGGIORNAMENTO del 17 marzo

Partiti il 1 marzo alle ore 14:00 da Knik Lake-Anchorage e con 30 giorni di tempo limite, i concorrenti delle 1000 miglia ancora sul tracciato sono 12.

Tra questi 2 on FOOT, un americano e un austriaco, 1 nella specialità SKI, un norvegese, 9 con le Fat BIKE, tra cui una donna, l'ultima in gara.

Tra i bikers segnaliamo la presenza di due italiani: Willy Mulonia e Roberto Gazzoli. i rimanenti 7 sono 2 finlandesi, 2 dalla Nuova Zelanda, 3 dagli States, tra cui la fortissima Jill Martindale, e 1 dall'Alaska (considerati a parte) l'ultimo tra tutte le specialità.

Nell'ordine, al momento (martedì mattina in Italia) sono i seguenti i Check Point raggiunti

UNALAKLEET, miglia 694,8
Casey Fagequist
Jill Martindale
Petr Ineman

oltre KALTAG, al miglio 630,6 e al miglio 597,8
Jussi Karjalainen (vincitore nel 2019 della Rovaniemi 300)
Toni Lund

a NULATO, miglio 597,8
Graham Muir
George Adams
Willy Mulonia
Roberto Gazzoli

verso NULATO, al miglio 537,3
Beat Jagerlehner (già Senatore Tor des Giants e iscritto al Tor des Glaciers 2020), FOOT

a GALENA,  miglio 532,7
Asbjorn Skjoth, SKI

verso RUBY, al miglio 443,6
Klaus Schweinberger, dall'Austria



ulteriori dettagli su www.trackleaders.com



giovedì 12 marzo 2020

L'uomo che cercava la meraviglia - ultima parte


La mia avventura all'Iditarod Trail Invitational (ITI) ITI350 Alaska 2020

PARTE SECONDA


(ndr ad oggi 11 marzo, sono 30 i Finisher a McGrath, 29 i ritirati o DNF e 17 gli attivi ancora sul percorso)

Skwentna è il check Point più strutturato e anche nel bel mezzo della notte c'è sempre qualcuno pronto ad accogliere i partecipanti all'ITI, siano essi proiettati verso il traguardo di McGrath delle 350 miglia, siano quelli il cui obiettivo è proseguire verso Nome lungo il tragitto di 1000 miglia.
Le ultime miglia per arrivare al check point si percorrono attraverso un bosco. e questo è un toccasana, perchè in mezzo al bosco il gelo in qualche modo si placa. Quel gelo che ci ha accompagnato per oltre 100km esposti al vento tagliente che soffia implacabile su fiumi e laghi con raffiche di 100/80km/h.
Grazie a quel passaggio nel bosco, si entra a Skwentna ben meno sconvolti che altrove. 
Riposo più lungo del solito, ma si viaggia in orario e si discerne sulla differenza tra gara e avventura. Fanno una gara quelli che vogliono che il tutto duri il meno possibile, partecipano ad una avventura quelli che vogliono godersi ogni istante dei dieci giorni previsti come tempo massimo per raggiungere McGrath.
Mark, il concorrente incontrato la notte prima é li. Mi racconta che neanche lui era riuscito a passare, ma che un cacciatore, visto il ripetersi della scena, lo aveva raggiunto con la moto slitta ed invitato a ripararsi nella sua cabin.

Alle prime luci dell'alba, bene o male tutti assieme a pochi minuti di distanza ci si rimette in cammino. Il prossimo checkpoint è Finger Lake al miglio 130. Ci sono 40 miglia da percorrere. Queste 40 sono divise in due segmenti, il primo da Skwentna a Shell Lake di circa 20 e il secondo da Shell Lake al Winterlake Lodge che si affaccia su Finger Lake. Il miglio 130 era per me il punto d'arrivo della ITI130 conclusa con successo nel 2018. So cosa mi aspetta.
Klaus & Max
Io e l'amico Klaus partiamo di buon passo, ma veniamo presto sorpassati dalle Fat Bike che si avvantaggiano della solida base ghiacciata della mattina, non affondano e viaggiano spedite. Tra questi i tre italiani, Roberto Gazzoli e i fratelli Willy e Tiziano Mulonia. Ad un certo punto dalla distanza vedo un punto nero che torna verso di noi, più si avvicina e più la figura in movimento è nitida. Sarà qualcuno che si è dimenticato chissà cosa al Check Point e torna a prenderlo, penso. Ma poi no, non si tratta di un biker, ma di un'alce (moose) che punta verso di noi al galoppo!!! Ci lanciamo subito nella neve alta lasciando il sentiero in quel punto tracciato e veloce. Aspettiamo pazienti, l'alce si ferma e poi sparisce nel bosco. Sarà questo il primo di una serie di incontri e scontri tra le alci e i concorrenti che caratterizzeranno la giornata e i dintorni di Shell Lake. E ovviamente aumentano il senso di insicurezza. Per chi non lo sapesse le alci sono estremamente pericolose perchè sono immense (un maschio può pesare anche 700kg) e non hanno affatto paura degli uomini tanto da aggredirli spesso soprattutto se hanno fame.
Fuori da Shell Lake Si entra nell'infinita swamp o palude ghiacciata e battuta dal vento. Il vento ha cancellato ogni traccia di chi ci aveva preceduto nel corso della notte e la neve qui è alta. Indossiamo le ciaspole e siamo noi stavolta a passare i bikers intenti a spingere.
Dopo quattro miglia si torna in un bosco con i suoi piacevoli (almeno per me non tanto per gli altri) saliscendi che aiutano a mantenersi caldi.
Due cacciatori su una grossa e rumorosa motoslitta si avvicinano preoccupati e ci avvertono: "fate attenzione, nel bosco ci sono molte alci e sono "hungry and angry" affamate e arrabbiate, vi attaccheranno. Fate attenzione". Con tutta la cautela che ci consentivano l'energia rimanente e l'adrenalina crescente, proseguiamo il nostro cammino. Ma per fortuna niente alci questa volta!
Finger Lake check point

Usciti dal bosco e arrivati a Shell Lake, incontriamo presso il rifugio altri concorrenti che invece se l'erano vista brutta con i moose. Parlavano di aggressioni, di lunghi periodi di attesa (fino a due ore!) passati nella neve alta o aggrappati agli alberi, mostravano i danni e si preoccupavano di altri concorrenti non ancora arrivati fin li. I danni più evidenti li riportavano tre Fat Bikes, una era stata calpestata e aveva i raggi di una ruota rotti, un'altra aveva il disco del freno anteriore spezzato, una terza una borraccia in metallo con stampato e nitido lo zoccolo di un calcio di un'alce. Ovviamente, non ci si può fermare e aspettare un meccanico che non arriverebbe e le riparazioni andavano fatte comunque. Le miglia da percorrere erano ancora tante. Sono stanco, mancano Circa 40km al prossimo check point, bisognerà andare per gran parte della notte, sappiamo già che poi non ci si potrà riposare tanto e bisognerà ripartire alla svelta verso il prossimo check point: Puntilla Lake. Visto che la luce del giorno va dalle 8 alle 18, ci prepariamo con le frontali, un lungo respiro e ci si rimette in cammino. Le temperature scendono vertiginosamente, già dalla mattina avevo avuto difficoltà con l'apertura dei thermos che avvicinandosi ai -40° non ne vogliono sapere di aprirsi. Mezzanotte. da ore il vento ci bersaglia. Il termometro sulla slitta di Klaus che nel corso della giornata si era attestato sui -40celsius, ora tocca  i -45° per poi proseguire la sua discesa inesorabile fino a mostrare i -50°. Sempre vigile, i pensieri vanno a quello che sta facendo il mio corpo: sta drenando liquidi da mani e piedi e sta tutelando il cuore e i polmoni. Sempre vigile, so che devo bere di più, ma prendere quel maledetto thermos che mi sta distruggendo le costole comporta uno sforzo enorme. Rimpiango non avere un Camel Back. Sempre vigile, non mi fermo, continuo ad andare. Sempre vigile, agguanto due scaldamani chimici che avevo nelle tasche del giaccone antivento Thenorthface, li apro, li metto nelle muffole Himalaiane e ripongo le cartacce in una tasca per non sporcare.

In ginocchio

Sempre vigile, ma non ce la faccio più. Sempre vigile, penso che non ho mai chiamato il Soccorso Alpino, certo che peró stavolta, se ci fossero stati i soccorsi, certo che se il cellulare avesse avuto copertura, certo che se le distanze potessero percorrersi in ore e non in giorni, ma chissà se. Sempre vigile, dico a Klaus io basta, io mollo il colpo io mi organizzo un bivacco. Klaus mi dice che sono pazzo, che siamo su un fiume, che siamo in una galleria del vento, che non si bivacca di notte, che non si bivacca a -50°! Si va avanti. Sempre vigile, gli dico lo so, ma Good luck my Austrian friend io mollo il colpo, I hope to meet you somewhere, we will for sure meet somewhere. Sempre vigile, mi avvicino alla sponda, la neve è ancora più alta. Dalla slitta di Klaus spunta miracolosamente una pala!!! Io avevo giurato a me stesso, mai più in Alaska senza pala! Ma non l'avevo presa. Ci scaviamo quanto possiamo una buca. Tiriamo fuori sacchi a pelo, materassino isolante e sacchi da bivacco. Usiamo le slitte e il loro riflettenti per ripararci dal vento e per segnalare la nostra presenza. Saltiamo vestiti nei sacchi a pelo. Beviamo.

Il bivacco

Apriamo altri scaldamani e li posiziono anche nelle scarpe, che grazie al BOA potevo slacciare anche con le mani ridotte a uncini. Trovo la forza di mandare un messaggio preimpostato con il Garmin InReach "rest in/out", che nessuno si preoccupi, sempre vigile, chiudo gli occhi.
Mi sveglio. Non avrei mai potuto dire quanto avevo dormito ma ho controllato ieri dalla traccia che erano passate due ore. Quando ci si sveglia da un bivacco il freddo che si prova in entrata nel sacco a pelo non è nulla, assolutamente nulla rispetto a quello in uscita.
Passa Donald, un concorrente della 1000 ci guarda, una battuta e prosegue.
Sempre vigile, apro il thermos che avevo nella giacca ma era vuoto. Sempre vigile, esco al vento e con precisione e velocità rimetto tutto nella sacca sulla slitta. Riposiziono le ciaspole sulla sacca, riaggancio tutti gli elastici. Klaus fa altrettanto. Trovo il modo di dedicare tempo ad un sorriso, un'alce era passata a trovarci e ci aveva lasciato la sua cacca a testimonianza...
Le miglia rimanenti per Finger Lake sono un supplizio, lunghe pause poggiato sui bastoncini, colpi di sonno e risvegli con la faccia nella neve.
Dopo ore spuntano i cartelli che conoscevo, quelli rossi di due anni fa, "Attention Planes Landing" è la pista d'atterraggio sul ghiaccio di Finger Lake.
Entriamo nella Cabin, finalmente al riparo. Ma sono svuotato. Mi dicono che da 4 giorni nessun aereo riesce ad atterrare causa meteo. 
Mi addormento.
Una mano mi scuote e mi dice: "Abbiamo la conferma via radio, alle 12 atterra e riparte per Anchorage un aereo, vuoi un posto?". 

Taken!
Decollo da Finger Lake

Sul volo di ritorno il secondo passeggero, James un giovane ragazzone di Anchorage grande, grosso e barbuto, scuote la testa e ripete "mai visto nulla del genere, mai visto nulla del genere".